Faccio radiografie, ma vedo anime

Eugenio Salizzoni, medico radiologo e docente universitario a Bologna, padre di sette figli e soprannumerario dell'Opus Dei, racconta come cerca di santificare il lavoro professionale.

Ho conosciuto l’Opus Dei, molti anni fa, in un modo semplice e attraente: grazie a una partita di calcio! Avevo quasi diciotto anni, la convinzione che avrei studiato medicina e che, quando fosse stato il momento, avrei formato una famiglia. Poiché provengo da una famiglia cattolica e praticante, ero inoltre alla ricerca di qualcosa che mi aiutasse a impostare cristianamente la mia vita; ma non trovavo nulla che mi soddisfacesse.

In occasione di quella partita (in cui come al solito e immodestamente mi mostrai un attaccante con il fiuto del gol…) conobbi alcune persone dell’Opus Dei che mi parlarono più estesamente delle attività formative, professionali e spirituali che si svolgevano presso il Centro dell’Opera di Bologna. Cominciai a partecipare ad alcuni mezzi di formazione, a fare direzione spirituale e ben presto capii che avevo trovato quello che cercavo o meglio, compresi che il Signore mi faceva capire che cosa voleva da me.

Mi si è aperto un orizzonte stupendo: la possibilità di santificarsi nel lavoro professionale, lì dove sei, senza cambiare di stato; trattare il Signore a tu per tu, da figlio di Dio, nel colloquio personale e nei sacramenti; il matrimonio come cammino vocazionale; l’amicizia che porta a comprendere, ad aiutare, a confidare quello che di più grande e profondo si porta nel cuore: l’amicizia con Dio, il disegno d’amore che Dio ha per ciascuno.

Sono passati più di trent’anni, sono medico radiologo, insegno all’Università, mi sono sposato con la donna della mia vita, ho sette figli – tra i ventiquattro e i quattro anni – e... nulla è cambiato e tutto è cambiato.

Non è cambiato nulla perchè credo di aver fatto ciò che avevo intenzione di fare; ma è cambiato tutto perchè il Signore – attraverso la vita santa del fondatore dell’Opus Dei – ha acceso la mia vita dando un significato nuovo ad ogni istante della mia esistenza. La formazione umana e spirituale che ho ricevuto e che continuo a ricevere mi aiuta a incarnare, lì dove sono, lo spirito cristiano, pur con tutti i miei difetti.

Essendo medico, quando faccio un esame a un paziente, sapendo che è malato o che è preoccupato di avere qualche malattia, cerco di trattarlo come fosse Gesù (è un consiglio che mi diede alcuni anni fa il Prelato dell’Opus Dei e che cerco di mettere in pratica), con gentilezza, con delicatezza, ringraziandolo per la sua collaborazione, dando un consiglio o una parola di rassicurazione. Ogni giorno – è il mio lavoro – esamino una grande quantità di immagini radiografiche, ecografiche, di risonanza magnetica, di pazienti grandi o piccoli, sani o malati: dietro a ogni immagine ho imparato, dagli insegnamenti di san Josemaria, a vedere anime, persone da servire e da aiutare; innanzi tutto facendo una diagnosi corretta e accurata e poi affidandole al Signore.

Questo mi aiuta a vivere alla presenza di Dio, a santificare il lavoro di ogni giorno e a essere più attento e in sintonia con le persone che mi sono accanto. È più facile allora, discutendo un caso con un collega o preparando una tesi con uno studente, conoscere meglio una persona, fare amicizia e parlargli, partendo dalla mia esperienza personale, del disegno d’amore che Dio ha per ciascuno di noi. Non cerco di convincere nessuno, bensì di accendere una luce: il resto dipende dalla grazia di Dio e dalla libertà di rispondere che ciascuno ha. In tutti questi anni mi sono reso conto che quando si riesce, con semplicità e sincerità, a parlare di Dio a un amico, non si viene mai respinti, anche in caso di apparente disinteresse per l'argomento. Sempre si riceve moltissimo e in quasi tutti i casi si sviluppa un’amicizia che dura per tutta la vita.