Spe Salvi: enciclica sulla speranza

E' stata pubblicata la seconda Enciclica di Papa Benedetto XVI, "Spe salvi", dedicata alla speranza cristiana. Il testo si compone di una introduzione e otto capitoli e parte da un passo della Lettera di San Paolo ai Romani: SPE SALVI facti sumus (nella speranza siamo stati salvati").

"La redenzione, la salvezza, secondo la fede cristiana" - spiega il Papa nell'introduzione - "non è un semplice dato di fatto. La redenzione ci è offerta nel senso che ci è stata donata la speranza, una speranza affidabile, in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente: il presente, anche un presente faticoso, può essere vissuto ed accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino".

Perciò "elemento distintivo dei cristiani" è "il fatto che essi hanno un futuro: ... sanno ... che la loro vita non finisce nel vuoto". Il Papa sottolinea che il messaggio cristiano non è solo "informativo", ma "performativo". Questo significa che "il Vangelo non è soltanto una comunicazione di cose che si possono sapere, ma è una comunicazione che produce fatti e cambia la vita. La porta oscura del tempo, del futuro, è stata spalancata. Chi ha speranza vive diversamente; gli è stata donata una vita nuova".

"Giungere a conoscere Dio - il vero Dio, questo significa ricevere speranza". Questo lo comprendevano bene i primi cristiani, come gli Efesini, che prima di incontrare Cristo avevano molti dèi ma vivevano "senza speranza e senza Dio". Il problema per i cristiani di antica data - sottolinea - è l'abitudine al Vangelo: la speranza "che proviene dall'incontro reale con ... Dio, quasi non è più percepibile".

Il Papa ricorda che Gesù non ha portato "un messaggio sociale-rivoluzionario" come Spartaco, e "non era un combattente per una liberazione politica, come Barabba o Bar-Kochba". Ha portato "qualcosa di totalmente diverso: ... l'incontro con il Dio vivente ... l'incontro con una speranza che era più forte delle sofferenze della schiavitù e che per questo trasformava dal di dentro la vita e il mondo", "anche se le strutture esterne rimanevano le stesse".

Cristo ci rende veramente liberi: "Non siamo schiavi dell'universo" e delle "leggi della materia e dell'evoluzione". (...) Siamo liberi perché "il cielo non è vuoto", perché il Signore dell'universo è Dio che "in Gesù si è rivelato come Amore".

Cristo è il "vero filosofo" che "ci dice chi in realtà è l'uomo e che cosa egli deve fare per essere veramente uomo". "Egli indica anche la via oltre la morte; solo chi è in grado di fare questo, è un vero maestro di vita". E ci offre una speranza che è insieme attesa e presenza: perché "il fatto che questo futuro esista, cambia il presente".

Il Papa rileva che "forse oggi molte persone rifiutano la fede semplicemente perché la vita eterna non sembra loro una cosa desiderabile. (...) "L'attuale crisi della fede - prosegue - è soprattutto una crisi della speranza cristiana". "La restaurazione del paradiso perduto, non si attende più dalla fede" ma dal progresso tecnico-scientifico, da cui - si ritiene - potrà emergere "il regno dell'uomo". La speranza diventa così "fede nel progresso" fondata su due colonne: la ragione e la libertà che "sembrano garantire da sé, in virtù della loro intrinseca bontà, una nuova comunità umana perfetta".

"Il regno della ragione ... è atteso come la nuova condizione dell'umanità diventata totalmente libera".  "Due tappe essenziali della concretizzazione politica di questa speranza" sono state la Rivoluzione francese e quella marxista. Di fronte agli sviluppi della Rivoluzione francese, "l'Europa dell'Illuminismo ... ha dovuto riflettere in modo nuovo su ragione e libertà". La rivoluzione proletaria d'altra parte ha lasciato "dietro di sé una distruzione desolante". "L'errore fondamentale di Marx" è stato questo: "ha dimenticato l'uomo e ha dimenticato la sua libertà... Credeva che una volta messa a posto l'economia tutto sarebbe stato a posto. Il suo vero errore è il materialismo". "Diciamolo ora in modo molto semplice - scrive il Papa: l'uomo ha bisogno di Dio, altrimenti resta privo di speranza". "L'uomo non può mai essere redento semplicemente" da una struttura esterna. (...) L'uomo viene redento mediante l'amore". Un amore incondizionato, assoluto : "La vera grande speranza dell'uomo, che resiste nonostante tutte le delusioni, può essere solo Dio - il Dio che ci ha amati e ci ama tuttora sino alla fine".

Il Papa indica quattro luoghi di apprendimento e di esercizio della speranza. Il primo è la preghiera: "Se non mi ascolta più nessuno, Dio mi ascolta ancora ... se non c'è più nessuno che possa aiutarmi ... Egli può aiutarmi".

Accanto alla preghiera c'è poi l'agire. " La speranza in senso cristiano è sempre anche speranza per gli altri. Ed è speranza attiva, nella quale lottiamo" affinché "il mondo diventi un po' più luminoso e umano". E solo se so che "la mia vita personale e la storia nel suo insieme sono custodite nel potere indistruttibile dell'amore" io "posso sempre ancora sperare anche se ... non ho più niente da sperare".

Anche il soffrire è un luogo di apprendimento della speranza. "Certamente bisogna fare tutto il possibile per diminuire la sofferenza": tuttavia "non è la fuga davanti al dolore che guarisce l'uomo, ma la capacità di accettare la tribolazione e in essa maturare, di trovare senso mediante l'unione con Cristo, che ha sofferto con infinito amore". (...) Fondamentale è poi saper soffrire con l'altro e per gli altri. "Una società che non riesce ad accettare i sofferenti ...è una società crudele e disumana".

Infine, altro luogo di apprendimento della speranza è il Giudizio di Dio. "La fede nel Giudizio finale è innanzitutto e soprattutto speranza": "esiste la risurrezione della carne. Esiste una giustizia. Esiste la 'revoca' della sofferenza passata, la riparazione che ristabilisce il diritto". Il Papa si dice "convinto che la questione della giustizia costituisce l'argomento essenziale, in ogni caso l'argomento più forte, in favore della fede nella vita eterna". E' impossibile infatti "che l'ingiustizia della storia sia l'ultima parola". "Dio è giustizia e crea giustizia. E' questa la nostra consolazione e la nostra speranza. Ma nella sua giustizia è insieme anche grazia". "La grazia non esclude la giustizia...I malvagi alla fine, nel banchetto eterno, non siederanno indistintamente a tavola accanto alle vittime, come se nulla fosse stato".