“Ho sempre avuto il desiderio di andare in Africa”

Maria Magrane è argentina, ha 24 anni e da settembre dell’anno passato abita in un centro dell’Opera nel Camerun. È la sesta di nove fratelli, figlia di Miguel e Mariuqui, “due tesori sulla terra” e “uno dei motivi che mi aiutano a stare in Africa”.

Maria con Lea, nipotina di una delle donne che partecipa ai corsi di formazione.

Come hai scoperto la tua vocazione?

Che domanda breve, eppure tanto lunga potrebbe essere la risposta... Direi che tutto cominciò quando Anita, una mia amica, mi invitò a un campeggio di volontariato sociale. Avevo 14 anni. Andammo e fu lì che Dio mi toccò il cuore. La povertà che vidi in quel posto mi diede una grande scossa. Poi cominciai a frequentare il “Centro Montes Grandes” a San Isidro, non lontano dalla casa dei miei genitori e così ho cominciato a conoscere meglio l’Opus Dei.

Dopo un po’ di tempo ho fatto un’altra attività di volontariato sociale e sono diventata più amica della ragazza che impartiva i mezzi di formazione cristiana alle persone che io assistevo. Ho parlato molto con lei e ricordo di averle detto – fra le lacrime – che sentivo che Dio mi chiedeva qualcosa di più. Però le ho anche detto che volevo essere tutto tranne che una numeraria. Frattanto continuavo a conoscere meglio l’Opus Dei e mi confessavo con un sacerdote dell’Opera.

La mia vita continuava, ma io non ero tranquilla, e questa mancanza di tranquillità si notava anche esteriormente. Nello stesso tempo, chiedevo al Signore, se voleva qualche cosa da me, di darmi un segno. Arrivò la festa della Trasfigurazione e quel giorno, quando sono tornata dalla scuola, mi sono messa a pregare come ero solita fare. Ho aperto il Vangelo per leggere il passo sulla Trasfigurazione e mi sono fermata al testo di Matteo, 19, 16. Non era quello che cercavo, ma la storia del giovane ricco. Era volontà di Dio che sbagliassi il versetto? Non so, ma dopo aver letto quel passo, ho chiuso il Vangelo, dicendo: “Non voglio essere una numeraria”, e mi sono messa a piangere perché invece era con ogni evidenza ciò che Dio mi stava chiedendo: lasciare tutto e seguirlo. Così ho visto la mia vocazione, e il 19 settembre 2003, quando il Padre, Mons. Javier Echevarría, è venuto in Argentina, ho scritto una lettera chiedendo l’ammissione all’Opus Dei come numeraria. Sono sicura che la Vergine di Luján ha avuto e ha molto a che vedere con questo. Ecco perché ho per lei una grande devozione e dal Camerun le affido molte intenzioni.

Maria (a sinistra), con le sue amiche Nelly e Setph.

Che cosa significa per te essere dell’Opus Dei?

Per me l’Opera è una famiglia. È una famiglia molto grande, della quale debbo prendermi cura e che si prende molta cura di me. Ancora di più, se possibile, da quando sono nel Camerun. È nelle piccole cose di ogni giorno che mi aiuta; ma è incredibile, mi aiuta come un padre.

Da quando e perché ti sei stabilita nel Camerun?

Sono arrivata nel Camerun il 3 settembre 2010, otto mesi fa. Da allora, ogni giorno imparo qualcosa di nuovo dalle persone che vivono in questo Paese. Il perché, o meglio la ragione per la quale sono qui, è il Signore. Ho scoperto la mia vocazione poco più di sette anni fa e da allora ho sempre avuto il desiderio di venire in Africa. L’ho sempre detto nelle lettere che ho scritto al Prelato dell’Opera e alle direttrici. Dopo un certo tempo mi hanno domandato se mi sarebbe piaciuto andare in Camerun. E ora sono qui, cercando di vivere ogni giornata come se fosse l’unica e lavorando con gli abitanti del luogo.

Qual è stata la tua prima impressione?

La prima impressione è stata determinata dal verde che dominava il paesaggio, molto tropicale; ricordo anche che faceva molto caldo. Mi ha fatto anche piacere, appena sono scesa dall’aereo, vedere tutte le persone di colore. Ma un altro ricordo che ho, molto significativo e a partire dal quale ho cominciato a stabilire un legame con l’Africa, è il viaggio in aereo. Ero seduta fra due persone, un signore congolese che leggeva il libro “Mangiare, Pregare, Amare”, e un altro più giovane, molto robusto, che andava nel Camerun a far visita alla famiglia. Erano come due angeli custodi, uno per lato.

Maria lavora in due progetti di formazione che si occupano del mondo rurale.

Puoi dire che ti sei ambientata? Ti costa?

L’ambientamento credo che continui ancora; è un processo dinamico e intenso. Ora che è passato un po’ di tempo, direi che la cosa che mi è costata di più è la lingua; in sostanza, è ciò che ti permette di stabilire delle relazioni. Costa anche lasciare le persone che ami e che ti amano. Arrivo alla conclusione che l’importante sono le persone: l’amore che dai loro e che esse ti danno; non ciò che mangi e il posto in cui ti trovi. Aiuta molto il fatto che non sei sola: abito con altre persone e questo contribuisce a far sì che l’ambientamento sia più facile. Anche con il sostegno e l’affetto che ricevo dall’Argentina.

Che cosa metteresti in risalto in generale dei camerunensi?

Metterei in risalto lo spirito che hanno, direi la “energia” e la gioia con la quale vivono ogni giornata; la generosità, anche quando hanno ben poco; l’ospitalità: ti ricevono, ti accolgono e si preoccupano di te. E anche la perseveranza: non desistono mai per nessun motivo.

La futura casa di convivenze a Mehandan, nei dintorni di Yaoundé (Camerun).

E quelli della tua età?

Quelli della mia età sono molto studiosi. Sono rimasta stupita al vedere quante ragazze sono iscritte a un secondo corso di laurea. Hanno progetti molto ambiziosi – ma anche serie difficoltà nel portarli avanti -, sono vivaci e molto divertenti.

Qual è il tuo lavoro professionale?

Sto lavorando in due progetti che mi aiutano molto a conoscere il Camerun. In uno diamo formazione imprenditoriale ad alcune donne contadine, in modo che possano intraprendere un’attività o migliorare quella che già hanno. L’altro progetto riguarda le scuole rurali e consiste nel dare formazione ai genitori, agli insegnanti e agli alunni.

In che cosa consiste il lavoro dell’Opus Dei nel Camerun e nell’Africa in generale?

Ogni paese dell’Africa è molto diverso dagli altri: l’Opera è in Nigeria, Costa d’Avorio, Congo, Uganda, Kenia e Sudafrica. Per ciò che si riferisce al Camerun, siamo in due capoluoghi: Yaoundé e Douala. Nella prima vi sono tre centri per le ragazze: Sorawell, una scuola alberghiera; Rigel, un centro di studi nel quale molte ragazze vengono a studiare e dove organizziamo le attività; e Valdor, un centro di formazione per le mamme.

Maria Magrane (in basso a destra) con amiche.

A Duala c’è un centro che si chiama Portbell ed è molto bello. Siamo anche a Buea, dove vive Veronica, una soprannumeraria, e in questi giorni stiamo cominciando le attività di un centro convegni a Mehandan, alla periferia di Yaoundé. Facciamo alcuni viaggi a Bamenda per una serie di attività specifiche. C’è molto da fare, sicché invito tutti quelli che leggeranno questa intervista a dare una mano perché è tutto “time for Africa”.

Sei riuscita a farti delle amiche? Chi sono?

Ho molte amiche e molto diverse tra loro. Chi sono? Sono persone dell’Opera, gente che frequenta Rigel, persone che hanno studiato il francese con me, persone che ho conosciuto nella piscina dove spesso vado a nuotare la domenica e gente dei villaggi che vado conoscendo.

Come sopporta la tua famiglia il fatto che vivi così lontano?

Bisognerebbe chiedere a ognuno di loro; le risposte potrebbero essere tante e molto diverse, dato il gran numero di persone che compongono la mia famiglia. Però, prevedendo questa intervista, ho approfittato per chiedere ad alcune di loro che cosa ne pensavano. La risposta di mia madre è stata: “Lo sopporto con molta pace e quando ho nostalgia di te, penso che si tratta di un progetto che vuoi vivere a fondo e che la Madonna ti guida meglio di nessun’altra”. So che anche i miei fratelli hanno una grande nostalgia di me, ma sono contenti sapendo che sto facendo quello che mi piace.

Come immagini il futuro?

Mi appassiona il presente. Infatti, perché ci sia un domani occorre che ci sia un oggi; e se non fai buone scelte oggi, sarà difficile che possa farle domani. Vivo ogni giorno preparando il futuro e cercando di trarre esperienza dal passato.