Cure palliative, un’oasi per i genitori esausti

Visitiamo l’unica unità diurna di questo tipo di cure per bambini affetti da malattie incurabili. Si trova a Madrid ed è diretta da una fondazione privata. Così comincia un reportage sulla Fondazione Vianorte-Laguna (Madrid).

Il fisioterapista aiuta i bambini della Fondazione. (Foto: E.Villarino / El Confidencial)

(Qui l'articolo originale in spagnolo: Cure palliative, un’oasi per i genitori esausti, di Ángela Sepúlveda)

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“Riposare un poco. Uscire per fare acquisti, passeggiare per la strada”. Gladys enumera quello che da qualche mese può e che prima non poteva fare. Ha lo sguardo stanco di chi da tempo non sa che cosa significa dormire alcune ore di seguito. Malgrado i medici ci dicano che oggi non è la sua giornata migliore e ci raccomandano di stare attenti alle domande, risponde con un sorriso. Forse perché può “riposare un poco” e “passeggiare per la strada”. Ha un figlio di 9 anni affetto da una malattia che lo fa dipendere da lei e dalla famiglia per tutte le 24 ore.

Da quando è nato, Gladys gli è stata sempre accanto. Ogni notte attenta al suo stato, pronta alla medicazione, a farlo mangiare, a cambiargli le fasce… Da solo non riesce a fare niente. E all’improvviso, quando l’esaurimento cominciava a essere irreversibile, una luce apparve alla fine del tunnel. Una unità diurna di Cure Palliative per minori, che le offre la possibilità di lasciare lì il suo bambino per alcune ore. “E riposare”. Alcune ore nelle quali il bambino è assistito da una pediatra, un fisioterapista che pratica la musicoterapia, e che lo fa rilassare in una vasca con idromassaggio. .. Un miracolo? Quasi. La Fondazione Vianorte-Laguna, a Madrid, è l’unica in Spagna che, per alcune ore al giorno, dà respiro ai genitori che hanno figli completamente inabili.

Così i genitori possono tentare di trovare un lavoro, portare a scuola gli altri figli o riprendere una vita familiare e coniugale che si era interrotta il giorno in cui uno dei figli aveva cominciato ad aver bisogno di assistenza per tutte le 24 ore a causa di una malattia neurologica o in seguito a un incidente domestico. Arrivano alla Fondazione perché sono inseriti nel programma di Cure Palliative della Comunità di Madrid e sono stati inviati dall’Ospedale Bambin Gesù dopo una valutazione dei servizi sociali. Anche la Fondazione fa la sua valutazione. Se i genitori non hanno risorse sufficienti non pagano nulla. Oggi tutti i pazienti godono di un accesso gratuito.

L’unità ha la capacità di assistere 15 bambini – con letti e tre culle – che possono rimanere dalle 9 del mattino alle 17 del pomeriggio. Non vengono tutti i giorni perché si fa in modo che tutti possano trarne beneficio e la capacità del Centro è limitata. C’è chi viene tre volte la settimana, o due, e chi viene ogni tanto.

La sala è molto colorata per migliorare il ricovero dei bambini. (Foto: E.Villarino)

In due anni sono stati assistiti 1.700 bambini. Si riesce ad andare avanti grazie ai contributi di due fondazioni: Jaime Alonso Abruña e Porque Viven. “Abbiamo deciso di aprirla perché ci siamo resi conto che questi bambini non avevano un posto dove stare. Se si sentivano male, andavano all’ospedale; altrimenti rimanevano a casa, con conseguente esaurimento dei genitori”, spiega la direttrice delle infermiere dell’Ospedale Laguna e responsabile dell’unità pediatrica, Pilar Campos. Malgrado i benefici per il bambino e per i genitori, la dottoressa Campos sa che la prima volta che li lasciano qui “è un momento durissimo”. È la paura di non sapere se sarà assistito bene o se gli succederà qualcosa in loro assenza. “Ci pongono sempre la condizione di portarli e di poter rimanere qui. Poi pian piano si rilassano, vedono come li trattiamo e vanno via tranquilli”.

“Pensi che non lo tratteranno come lo tratti tu”, riflette Gladys. Però suo figlio, che frequenta questa unità da gennaio, sta desiderando che l’ambulanza arrivi. “Ha un orologio interno e sa che ora è; e se l’ambulanza che lo viene a prendere ritarda, allora s’innervosisce”. Ce lo racconta in una sala che c’è accanto all’unità dove sono ricoverati i minorenni, alla quale si accede attraverso un corridoio decorato con cerchi colorati e un pannello con leoni e giraffe che danno il benvenuto.

È una sala luminosa, bianca, nella quale, oltre ai suoni degli apparecchi dell’ossigeno e degli aspiratori, si ode anche della musica. Gli addetti cantano o la ragazza incaricata della musicoterapia suona la chitarra. Ci sono carezze e una ricompensa, piccola ma nello stesso tempo enorme. Un sorriso nell’ascoltare la musica di Dartacán o un bambino che non riusciva a mettere a fuoco lo sguardo e, d’improvviso, fissa lo sguardo sull’infermiera. “Uno dei medici – racconta la direttrice delle infermiere – è arrivato a dirmi che un certo bambino stava vivendo un anno “regalato”, perché se fosse rimasto a casa sua sarebbe già morto. Un anno in più per questo bambino”.

Qui per questi bambini arriverà la fine, ma nessuno aspetta la morte perché non sanno quando arriverà. “Non guariscono e quando arrivano qui non sappiamo quanto tempo rimanga loro da vivere; per questo alle famiglie costa tanto separarsi da loro. Però vedono che da quando stanno qui, vanno meno al pronto soccorso”, spiega la pediatra Paula Armero, una ragazza giovane che ha chiaro che questo è il campo al quale si vuole dedicare. “Tutti quelli ai quali spiego in che consiste il mio lavoro mi chiedono se non voglio dedicarmi ad altro. Non lo capiscono, però questo è il mio concetto di medicina: tentare di dare un aiuto. Che un bambino muoia – spiega Paula –, non è piacevole, però è quello che succede”

I bambini sono seguiti in ogni istante da vari professionisti. (Foto: E.Villarino)

Che cosa significa per questi genitori avere tempo libero? “Significa incontrarsi con se stessi”, dice Alonso García de la Puente, psicologo dell’Obra Social La Caixa, che lavora all’Ospedale Laguna. Anche se ai genitori costa svagarsi – “si sentono colpevoli persino se vanno al cinema” –, è indispensabile per poter sopportare il peso di un piccolo malato terminale. “Quando arriva la fine, tutto questo ti lascia la sensazione di aver fatto tutto il possibile per tenere in vita questi bambini. Hanno sorriso, hanno goduto del bagno, e alla famiglia rimane la consolazione che, alla fin fine, il piccolo si è trovato bene”.

Secondo i dati della Fondazione, in Spagna sono 10.000 i bambini che hanno una malattia che ne limita la vita e da cui non è possibile guarire. Tra i 5.000 e i 7.000 hanno bisogno di cure palliative. Questo è il grande compito irrisolto della sanità. I dati della Società Spagnola di Cure Palliative rivelano che in tutto il Paese sono soltanto 9 le unità che si dedicano a questo tipo di cure pediatriche, e di queste solo 3 – secondo i loro criteri – posso essere considerati attrezzati: uno completo (l’Ospedale Bambin Gesù) e due di base, uno in Catalogna e l’altro nelle Baleari. Agli altri mancherebbero ore di formazione specifica oppure riuscire ad arrivare a più ambiti (ospedaliero, domiciliare o centro socio-sanitario).

Uno dei grandi handicap della Fondazione Vianorte-Laguna è il trasporto. Nessuno dei pazienti può arrivare in macchina, e così hanno preso accordi con le ambulanze. Non ci vogliono dire quanto costa questo servizio, ma ci forniscono una traccia: prendere e riportare a casa un bambino costa 1.000 euro al mese. “E da questo, fai un po’ di conti”, sorride la responsabile di pediatria. In dicembre faranno un concerto di beneficenza e sono pronti a ricevere qualunque donativo, per quanto piccolo possa essere, attraverso il loro sito web. La scorsa estate ne hanno ricevuto uno “molto sostanzioso” e così hanno potuto tenere aperta l’unità durante la notte per far sì che i genitori potessero dormire. Questo è uno dei prossimi obbiettivi.

Ángela Sepúlveda / El Confidencial