Dino, un anno dopo

Il 28 aprile del 2017 è un anno da quando Dino Marcellino ci ha lasciato. Ne presentiamo un ricordo.

È un anno che non ha affievolito, ma aumentato il ricordo di un grande amico, di una persona che, nella sua semplicità di vita, ha lasciato in tutti coloro che lo hanno conosciuto il rimpianto per la sua scomparsa, la nostalgia di non poterlo più abbracciare su questa terra, ma anche la consapevolezza tutta cristiana di ritrovarlo un giorno in Cielo.

Entrambi sono divenuti soprannumerari della prelatura dell’Opus Dei: un cammino cristiano che ha aiutato Dino ed Elina a vivere pienamente il senso della filiazione divina in Cristo nelle attività quotidiane

Docente per tanti anni di materie letterarie nei licei dei paesi pedemontani abbarbicati sulle falde dell’Etna, Dino si era sposato nel 1994 con Elina, formando una coppia di coniugi straordinariamente felice e in armonia, condividendo non soltanto il patto matrimoniale assunto di fronte al Signore, ma anche le scelte di vita, poiché entrambi sono divenuti soprannumerari della prelatura dell’Opus Dei: un cammino cristiano che ha aiutato Dino ed Elina, come tanti altri, a vivere pienamente il senso della filiazione divina in Cristo nelle attività quotidiane, alla ricerca della santità nelle incombenze professionali e familiari, secondo il messaggio di san Josemaría Escrivá. Come tutti i figli spirituali di san Josemaría, credeva nella santificazione del lavoro come via per arrivare al Signore: grande era la sua passione per il latino e il greco e l'insegnamento secondo il "metodo natura" o "metodo Ørberg" nel quale credeva molto.

Non avendo potuto avere figli, Dino, sempre con Elina al suo fianco, si era impegnato a dedicarsi agli altri: fu punto di riferimento forte per i suoi alunni, che cercava di aiutare anche fuori dagli orari scolastici, organizzando incontri, lezioni e lunghi pomeriggi di studio insieme. Assieme a Elina, faceva parte del Direttivo catanese dell’Associazione Oeffe, dedicata all’orientamento famigliare, un grande lavoro di formazione nei confronti delle famiglie. Incontri di promozione, conferenze, serate per gruppi familiari con piacevoli ma utili scambi di opinione e importanti suggerimenti sulla vita coniugale, sull’educazione dei figli. Un lavoro silenzioso ma molto efficace, confermato dalle decine di testimonianze, giunte poi a Elina, sull’importanza di queste attività per la vita familiare di tanti.

Dino, sempre con Elina al suo fianco, si era impegnato a dedicarsi agli altri: fu punto di riferimento forte per i suoi alunni, che cercava di aiutare anche fuori dagli orari scolastici

Dino ha vissuto la sua vita con uno slancio apostolico ininterrotto. Il desiderio di aiutare tante persone a ritrovare – o a “rinfrescare” – la pratica della fede era in lui costante; sapeva con semplicità e immediatezza, forte del suo stesso esempio, arrivare al cuore delle persone e incoraggiarle a una coerenza di vita che nel cristiano è esigenza irrinunciabile, pena la mediocrità e la tiepidezza. A partire da suo fratello Claudio, anch’egli divenuto fedele dell’Opus Dei, tanti adulti e tante persone giovani gli debbono l’incoraggiamento decisivo a mettere il Signore al primo posto della loro vita.

Durante la malattia inguaribile che gli fu diagnosticata nel 2011, che lo vide ricoverato per lunghi periodi, la sua preoccupazione era di arrivare a molte persone, sfruttando tutte le occasioni che gli si presentavano: per esempio il sacerdote palermitano, don Antonio, che lo assistette dal 2013 e con il quale l’amicizia si consolidò straordinariamente fino a poche ore prima che morisse, edificato dal suo stile cristiano di valorizzare la malattia come un tesoro spirituale; durante la lunga degenza andava a trovarlo di sera e a parlare con lui fino oltre alla mezzanotte; si parlava con arricchimento reciproco di profondi spunti spirituali, di condivisione nella fede, di vita di preghiera, di progetti apostolici, di letture.

Il direttore dell’hotel, pure palermitano, presso il quale Dino ed Elina abitavano durante le visite di controllo, era anch’egli colpito dagli incoraggiamenti a riprendere la vita cristiana. Anche qui, lunghe e confidenziali chiacchierate nella hall dell’albergo per parlare di lavoro ben fatto, di spirito di servizio. Il cameriere dello stesso albergo confidava a Dino i propri problemi familiari, a lui Dino regalò una biografia di san Josemaría. L’intera équipe (medici, infermieri, personale ausiliario) del reparto del Policlinico di Messina dove fu a lungo degente erano convinti di avere a che fare con una persona speciale; molti di loro, guidati dal primario, vollero essere presenti alle esequie. Tutti hanno affermato la propria convinzione che Dino fosse stato un paziente fuori dal comune, attratti com’erano dalla sua amabilità, dal suo sorriso e dal suo interesse per tutti e per ciascuno. Per non parlare degli ex-alunni che, nei mesi successivi alla sua scomparsa, hanno voluto dedicargli la tesi di laurea, grati per le lezioni di vita ricevute da lui.

Episodi e persone che, assieme a molti altri, testimoniano di una efficacia apostolica, frutto di una vera unione con il Signore. La lunga Via Crucis che fu la malattia non diminuì né la sua profonda vita di preghiera né il suo impegno apostolico.