Essere misericordiosi rende felici

E' stato pubblicato su Avvenire un articolo di mons. Javier Echevarría, Prelato dell'Opus Dei. Temi dell'articolo: la fine del Giubileo della Misericordia, le sfide future e un ringraziamento al Santo Padre per aver indetto un Anno Santo così pieno di frutti.

Giunti alla chiusura dell’Anno Santo della Misericordia, la gratitudine è un sentire che unisce tutta la Chiesa. In primo luogo, riconoscenza filiale alla Santissima Trinità, che ha dispensato i suoi doni per farci sperimentare l’amore infinito di Dio per ogni uomo e per ogni donna, per ciascuno di noi. E unione di intenzioni anche con Papa Francesco, che ha indetto il giubileo per mettere meglio in evidenza questo aspetto fondamentale della fede – che Dio è un Padre immensamente buono – e per ricordarci che il cammino della nostra felicità passa dall’essere dispensatori di misericordia.

Perché la nostra gratitudine sia pienamente sincera, dev’essere unita a un profondo desiderio di migliorare personalmente. Infatti, chi ha sperimentato la misericordia – ricorrendo al sacramento della confessione, raccogliendosi in preghiera, attraversando una porta santa o accettando l’aiuto di un fratello – è chiamato a comunicarlo, riversando la sua vita di misericordia su tutti gli altri.

Questo giubileo deve lasciare nella nostra anima un’impronta seria, e lo farà se accresciamo il nostro anelito di santità, se aumentiamo la frequenza ai sacramenti e se miglioriamo il nostro carattere. In definitiva, è un’opportunità per aiutarci a fare un altro passo verso quell’immagine di Cristo che gli altri devono scorgere nella nostra vita.

In molti luoghi del mondo dove non si ode ancora l’eco del Vangelo, noi cristiani affrontiamo la sfida della prima evangelizzazione. “Dov’è il vostro Dio?”, potrebbero chiederci. E lo scopriranno nelle nostre opere: nella preghiera per chi ci ha offeso, nell’assistenza a un disabile, nell’affetto verso chi è prigioniero dei suoi vizi, nella consolazione che diamo a chi vive solo, nel perdono che proponiamo lì dove la società parla unicamente di giustizia, nella coerenza cristiana del nostro agire ordinario, giorno per giorno, al lavoro, in famiglia… Comportandoci così, anche noi aumenteremo l’intimità con Dio, perché operando in suo nome lo conosceremo meglio e ci identificheremo con Lui.

“Se vuoi trovare Dio, cercalo dove Egli è nascosto: nei bisognosi, nei malati, negli affamati, nei carcerati”, ha consigliato recentemente Papa Francesco. Rimpiccioliremmo il nostro mondo se escludessimo chi ci dà fastidio, chi è diverso, chi potrebbe farci perdere tempo… In ogni persona umana è Gesù che passa accanto a noi, come piaceva considerare a san Josemaría, fondatore dell’Opus Dei.

In effetti, l’esistenza ordinaria ci offre molteplici occasioni di misericordia: la casa, la professione, gli amici, il traffico della città, i rapporti con gli sconosciuti… San Josemaría non si stancava di consigliare che pregassimo anche per le persone che incontriamo per la strada; così, l’anima sarà sempre disposta a dedicarsi agli altri ogni volta che sarà necessario.

La misericordia è Amore che si riversa sulle necessità degli altri e ci invita a volgere gli occhi alla Madonna. Ella ci insegnerà a essere misericordiosi e ad accogliere la misericordia del Padre per sentirci ancor più fratelli dei nostri fratelli.

Javier Echevarría, Prelato dell'Opus Dei

Avvenire - 20 novembre 2016