Intervista a mons. Mariano Fazio: "È un momento di particolari preghiere per il Santo Padre"

Riportiamo l'intervista rilasciata da mons. Mariano Fazio a Gabriel Ariza di Infovaticana. Il vicario generale dell'Opus Dei parla delle riforme di Papa Francesco, della formazione di genitori e sacerdoti e di altri temi di attualità.

Vorrei presentare il mio intervistato. Lo scorso mese di dicembre, a 55 anni, è stato nominato vicario generale dell’Opus Dei. La sua amicizia con Papa Francesco è ben nota. Come sono i rapporti del Papa con l’Opera e con lei in particolare?

Francesco è il primo Papa che ha conosciuto l’Opus Dei da vescovo, dato che il lavoro dell’Opera a Monaco era appena agli inizi quando Ratzinger era arcivescovo di quella città. Il cardinale Bergoglio conosceva molto da vicino varie attività apostoliche, e seguiva con particolare interesse quelle che avevano un maggior profilo sociale, come le scuole per i ragazzi disagiati. Qualche volta il cardinale ci ha incaricato di occuparci noi di qualche attività; è accaduto, per esempio, quando certe religiose non sono state più in grado di gestire una scuola situata in una di quelle che a Buenos Aires chiamiamo “borgate miseria”. Nella prima lettera che il Papa mi ha scritto di suo pugno mi chiedeva di far pervenire un suo saluto alle ragazze di quella scuola, chiamata del Buon Consiglio, che ora l’Opera porta avanti e che ha 900 alunne. A me in particolare ha dimostrato la sua gratitudine per l’aiuto che davamo nella direzione spirituale ai sacerdoti diocesani. Conosceva bene la figura di san Josemaría e ha detto ripetutamente che gli è devoto. Del resto, ha un particolare affetto per molte persone dell’Opus Dei, che vanno da una soprannumeraria molto povera che vive in quello che noi argentini chiamiamo “conventillo”, fino a quelli che invece hanno una solida posizione sociale ed economica. Tutto sommato, ha un panorama abbastanza completo di quel che è la prelatura.

Che cosa può dire allora a coloro che accusano l’Opus Dei di non gradire questo Papa?

Che sbagliano, e che nessuno riuscirà ad allontanarci neppure di un millimetro dalla sua persona. È di ogni buon cattolico rimanere in sintonia con ogni Papa che governa la Chiesa nei vari periodi della storia. È un principio che san Josemaría ci ha lasciato in eredità. Nel corso di tutti gli anni di vita dell’Opus Dei abbiamo sempre cercato questa sintonia, da Pio XI a Francesco.

Il prelato, nelle sue lettere mensili, si fa eco continua degli insegnamenti di Papa Francesco. E non sono solo parole. Le faccio un esempio. Assecondando la richiesta del Papa, il prelato ha disposto che in tutte le scuole, i centri pubblici e le parrocchie affidate all’Opus Dei si studi la possibilità concreta di adempiere l’invito di Francesco di accogliere gli immigranti: con atti concreti di accoglienza, con collette, con servizi materiali e spirituali. Si è anche avviata tutta una serie di iniziative per trarre profitto dall’Anno della Misericordia, come il Papa chiede ai cattolici di tutto il mondo. Questa sintonia si nota anche nelle attività che si realizzano nei centri dell’Opus Dei: molte riguardano ciò che dice il Papa nei suoi documenti. Vi sono, inoltre, alcuni temi che ci ricordano molto quello che diceva san Josemaría. Per esempio, l’insistenza di Papa Francesco nel raccomandare il sacramento della penitenza: è il pontefice che più ha parlato della confessione in questi ultimi anni.

In una intervista a El Pais lei ha detto: “Prego per tutti quelli che se ne sono andati e li amo con tutta la mia anima”. In quel momento mi è piaciuto che uno che ricopre un incarico di responsabilità nella prelatura abbia adoperato quelle belle parole per tante anime la cui vocazione nell’Opera non è andata avanti. È cambiato l’atteggiamento dell’Opera riguardo a quelli che se ne sono andati?

La mia esperienza personale è che non è mai venuto meno l’affetto per coloro che hanno lasciato l’Opera. Naturalmente non basta la “tua esperienza”, ma bisogna tenere conto anche delle esperienze altrui, delle ferite e delle sofferenze oggettive e soggettive che lasciano le relazioni interrotte, delle quali a volte posso essere stato non sufficientemente cosciente. Non c’è dubbio che il passare del tempo e la vita insegnano, e che la sensibilità migliora, anche perché viviamo in mezzo al mondo, e si migliora con gli scambi positivi che avvengono nel mondo, con le esperienze vissute dalle persone di carne e ossa.

Anche le persone che lasciano l’Opera sono chiamate a essere sante, qualunque siano le loro situazioni personali. Però, se 30 anni fa, in una famiglia cristiana del mio paese, a un figlio che divorziava a volte si poteva anche dire: “quella donna non entrerà più in casa mia e non voglio saperne più nulla”, oggi a nessuno viene in mente di pronunciare frasi del genere. E non perché il matrimonio non è più indissolubile, ma perché è cambiata la sensibilità e si ha il desiderio di tenere le porte aperte per poter aiutare meglio tutti.

L’Opera, come può aiutare le coppie di coniugi se i mezzi di formazione che realizza sono per gli uomini e le donne separatamente, e non insieme?

I mezzi di formazione per le persone sposate, anche se vengono impartiti separatamente, tendono a stimolare l’unità nel matrimonio, l’unità nella famiglia e i progressi nell’educazione dei figli (se la coppia ha figli) o delle persone che hanno rapporti con loro (se non hanno figli).

Inoltre, un certo numero di apostolati e attività formative portate avanti da persone dell’Opera sono per la coppia insieme: mi riferisco, per esempio, ai corsi di orientamento familiare, alle conversazioni o alle conferenze organizzate in tanti centri o nelle parrocchie affidate all’Opera, e ad altre attività di carattere formativo, che aiutano entrambi i coniugi a migliorare la comunicazione fra loro, la loro unità, l’educazione familiare, ecc.

L’educazione differenziata per sessi fa parte del carisma fondazionale dell’Opus Dei o è una preferenza che è stata adottata e che, pertanto, potrebbe cambiare in futuro?

Mi permetta di chiarire che, in realtà, sono parecchi i fedeli della prelatura che lavorano nell'educazione pubblica o privata, mista, e, d’altra parte, vi sono alcune iniziative educative miste (tutte quelle a livello universitario) che si avvalgono dell’assistenza pastorale dell’Opera.

Allo stesso tempo, abbiamo scelto di limitare l’assistenza pastorale della prelatura a livello dell’insegnamento medio alle scuole che hanno scelto il modello differenziato: le necessità pastorali sono moltissime e la nostra esperienza è che – a quelle età – si trae un profitto maggiore dagli aiuti pastorali in questo tipo di scuole. Nell’adottare questa preferenza, non diamo il minimo giudizio sull’educazione mista, che può essere vantaggiosa per determinati tipi di persone.

In Spagna abbiamo notato illustri membri della prelatura cedere alla legge sull’aborto più feticida della storia del Paese o difendere posizioni assai vicine al terrorismo. Fin dove arriva la libertà politica nell’Opus Dei? Un membro dell’Opus Dei potrebbe chiedere alla camera dei deputati, salvaguardato dalla sua libertà politica, di mettere fuori legge lo stesso Opus Dei?

I limiti della libertà politica di una persona dell’Opus Dei sono quelli indicati dal Magistero della Chiesa, la morale e le buone consuetudini; né più né meno di qualunque altro cattolico che voglia vivere d’accordo con la propria fede. E sono identici anche i doveri.

In questo modo un membro dell’Opus Dei non potrebbe stare in un partito che è contrario ai principi cattolici...

Un membro dell’Opus Dei deve comportarsi in politica come qualunque cattolico di buona coscienza. Potrebbe darsi il caso che tutti i partiti politici di un determinato Paese non concordino con il Magistero della Chiesa e, di fatto, questa è la realtà in numerosi Paesi. In questo caso dovranno sapersi muovere in base alla loro coscienza e a ciò che potrà dire la gerarchia di quel Paese. In questo senso, vi sono alcuni orientamenti illuminanti nella Nota dottrinale che la Congregazione per la Dottrina della Fede ha pubblicato nel 2004 a firma del cardinale Ratzinger.

Nello stesso tempo mi piacerebbe che si facesse più attenzione a quelle migliaia di persone dell’Opus Dei che in Spagna si dedicano all’educazione in generale, all’assistenza ai malati, alla formazione di persone bisognose, ai servizi più semplici. Sono molto più rappresentative della realtà.

Però in Spagna vi sono vescovi che hanno detto una cosa e altri che hanno detto quasi il contrario...

È vero. Comunque, in quale partito politico dell’Occidente si può stare con la coscienza tranquilla? È bene che un cattolico che si trova in uno di questi partiti politici rinunci? Per far che? Per andarsene in un monastero? Non so... Per ciò che riguarda la partecipazione alla vita politica, i fedeli dell’Opus Dei hanno la stessa libertà di tutti i cattolici e, se la gerarchia dovesse dire che non si può far parte del tale partito o appoggiare una determinata ideologia, un cattolico coerente dovrà valutare seriamente la propria posizione.

L’Opus Dei è stato culla di una élite intellettuale della Chiesa, oggi tanto necessaria... In che modo stanno preparando la difesa intellettuale all’offensiva della ideologia di genere e relativa invasione nelle scuole, già in atto in Spagna?

C’è una formazione che si dà nelle università e nelle scuole di identità cristiana, dove si insegnano i fondamenti antropologici che dimostrano che la persona umana è uomo o donna, che sono complementari, che questo è un progetto pieno di verità, di bellezza, di bene, di libertà...; che è così che saranno felici. Allora, senza discriminare nessuno, si fa in modo che le persone abbiano basi antropologiche ampie. Alcune cose una volta erano ovvie, mentre ora occorre creare le loro fondamenta, perché c’è tutta un’opinione pubblica pronta a perdere quelle nozioni che prima erano di semplice buon senso.

Quali autori raccomanda per difendersi dalle minacce della ideologia di genere? Ha un autore da raccomandare in questo senso?

Gli autori che più mi hanno aiutato in questo aspetto non parlano tanto della ideologia di genere quanto di antropologia duale. Personalmente, mi è piaciuto un testo del filosofo Antonio Malo, che ho potuto conoscere bene negli anni in cui sono stato rettore dell’Università della Santa Croce. In italiano s’intitola “Essere persona. Un’antropologia dell’identità”. Ma chiaramente, sono considerazioni scientifiche: ad alcuni piaceranno di più e ad altri meno.

Su questo argomento c’è nell’Opera un autore accessibile a tutti?

La questione è che non esistono “autori dell’Opera”. Nell’Opus Dei vi saranno concezioni diverse di uno stesso tema, sempre nel quadro dell’etica naturale. Vi sono argomenti di grande rilievo etico nei quali i migliori contributi sono stati dati da persone non cristiane, e anche non credenti. Conosco, è vero, alcune persone dell’Opera che hanno scritto su questi temi, ma sono esperti assolutamente normali, che nei loro lavori scientifici non rappresentano l’Opera, né la Chiesa, né la diocesi alla quale appartengono. Per farle un esempio, conosco bene la professoressa Brancatisano, che da anni lavora su questa questione dalla prospettiva dell’antropologia della differenza; ora sta per pubblicare un libro che ha per titolo “Essere in relazione”.

Una volta lei mi ha spiegato la continuità che vede tra Benedetto XVI e Francesco in ciò che si riferisce alla dittatura del relativismo e alla cultura dello scarto. Questa tesi mi è piaciuta molto, e credo sia piaciuta anche al Papa, vero?

Il Papa parla molto della cultura dello scarto, che è l’altra faccia della medaglia del relativismo, dal quale tanto ci ha messo in guardia Benedetto XVI. Se non c’è una verità oggettiva, prevale l’interesse del più forte, e i deboli – o i valori che non sono direttamente utili a me – sono scartati. Tutto questo ora si trova raccolto in Laudato Si’, in un paragrafo intitolato “Il relativismo pratico”, dove parla proprio di questo, perché la causa del degrado ambientale è un problema antropologico e di mancanza di verità.

Il Sinodo. Tema di scottante attualità. Che ne pensa della denuncia di alcuni cardinali che mettevano in guardia da una cospirazione per fare pressione sulla Chiesa per modificare la dottrina sul matrimonio e la famiglia?

Sono allergico a parlare di lotte interne e di cospirazioni; mi sembra che non portino a nulla e che fanno perdere il tempo e la pace. L’unica cosa che conta è che abbiamo avuto una riunione di tre settimane di tutta la Chiesa, dalla quale è uscito un documento su cui c’è stato un grande consenso e sul quale ora il Papa avrà l’ultima parola. La cosa più rilevante è che tutta la Chiesa ha avuto un anno intero per riflettere sul tema centrale della famiglia: il Sinodo è stato una grande affermazione familiare di tutta la Chiesa.

Lei crede che nel documento finale ci sia una porta aperta perché la Chiesa rinunci alla sua dottrina, per esempio, sull’adulterio?

I punti 84 e 85, letti senza una argomentazione ideologica, tornano a insistere su ciò di cui aveva parlato Giovanni Paolo II nella Familiaris Consortio. Vi sono situazioni che vanno esaminate caso per caso, ed è quello che pastoralmente conviene fare. Però non è un’apertura nel senso di “cambiamento della dottrina”, ma è un’apertura di porte nel senso di arrivare a tutti e di saper proporre a ogni persona un proprio cammino verso una sincera conversione.

È positivo che ribadisca che la norma non ammette gradualità...

Chi voglia leggere i dati dei punti 84 e 85 alla luce della tradizione della Chiesa e alla luce della Familiaris Consortio, che è quello che dice espressamente il documento finale, noterà che la Chiesa ha insistito ancora una volta sull’indissolubilità del matrimonio e sulla santità del matrimonio. Poi vi sono casi concreti che occorre studiare in base a una coscienza retta, con pastori che vogliono compiere la volontà di Dio, in modo che ognuno possa fare ciò che Dio vuole. Mi sembra importante che i fedeli leggano l’intero documento, perché si parla di sfide che la Chiesa dovrà affrontare riguardo alla famiglia. Devo dire che sono stato molto positivamente sorpreso da quelle volte in cui è stata sottolineata la bellezza del progetto di Dio per la famiglia, la complementarietà tra l’uomo e la donna. Mi è sembrata particolarmente acuta la diagnosi che si fa sulla cultura contemporanea, i pericoli del secolarismo e del consumismo, che distruggono la famiglia; e anche sull’importanza dei corsi di formazione perché i fidanzati arrivino al matrimonio sapendo molto bene quali impegni prendono; la necessità che la famiglia, come la Chiesa, “esca da se stessa” e che vi siano famiglie aperte, nel senso di aiutare altre famiglie che hanno bisogno. Con ciò, i punti 84 e 85 sono punti importanti, ma il documento è molto più ampio e a me sembra un documento di grande respiro.

Lei è stato ordinato sacerdote dal grande Papa Giovanni Paolo II. Che ricordo conserva di lui?

Tradizionalmente il Papa ordinava soltanto quelli del seminario romano; però vi furono anni in cui gli ordinandi di Roma erano pochi e il Papa chiese a diverse istituzioni della Chiesa di inviare alcuni ordinandi e, quindi, per alcuni anni gran parte dei sacerdoti dell’Opus Dei furono ordinati da Giovanni Paolo II.

Io ho la grazia di Dio di essere stato ordinato diacono dal beato Álvaro del Portillo nella prima ordinazione che fece dopo la sua ordinazione episcopale; poi, alla cerimonia di ordinazione presbiterale erano presenti in san Pietro San Giovanni Paolo II, che ordinava, il beato Álvaro del Portillo e la beata Teresa di Calcutta.

Giovanni Paolo II: ho vissuto a Roma venti e passa anni, ho vissuto cose molto importanti per la mia vita, come la mia ordinazione sacerdotale, la beatificazione e la canonizzazione di San Josemaría, la morte di don Álvaro del Portillo..., ma il momento che ricordo con maggiore emozione è la morte e i funerali di Giovanni Paolo II. Mi ha sorpreso il fatto che centinaia di migliaia di persone, che forse non osservavano tutto quello che aveva detto Giovanni Paolo II, si ritrovassero per una chiamata di all’erta per le loro anime. Italiani, polacchi, gente di tutti i paesi, cattolici e non cattolici, che si riversarono per le strade di Roma, che erano venute a Roma in una massa mai vista prima per ringraziare per il regalo che Dio aveva fatto alla sua Chiesa e al mondo con Giovanni Paolo II.

Dicono che il Papa le abbia detto che i sacerdoti dell’Opus Dei sono quelli che più si preoccupano per la santità dei sacerdoti della Curia...

Il Papa è grato del fatto che l’Opus Dei organizzi ritiri mensili per quelli che vogliono partecipare fra coloro che lavorano nella Curia, perché considera importante che nella Chiesa si preghi.

Come ha vissuto personalmente gli ultimi scandali in Vaticano, da alcuni chiamati ‘Vatileaks 2’, e il fatto che in questo contesto si sia menzionato l’Opus Dei?

È stato un momento di dolore per le eventuali difficoltà che questi fatti avrebbero potuto arrecare al Papa e alla Santa Sede. È stato anche un momento di particolari preghiere per il Santo Padre e per la riforma delle strutture vaticane che egli sta portando avanti con l’aiuto di tanti buoni collaboratori. Vorrei aggiungere che mi sembrano riforme molto necessarie per vivere lo spirito evangelico nell'uso dei beni materiali; sono riforme che cominciano dalla conversione di ognuno di noi.

Insieme a questo, c’è un dolore più soggettivo, che è quello del fratello che vede l’altro fratello sacerdote in una situazione sorprendente. Lasciando da parte la gravità dei fatti e l’attesa della conclusione del processo, ho cercato di reagire come suppongo che farebbe un buon fratello: ho pregato per lui, cercando, per quello che posso fare da parte mia, che non si senta abbandonato.

Gabriel Ariza / Infovaticana