Ordinazioni sacerdotali: l'omelia di mons. Echevarría

Vi riportiamo il testo integrale dell'omelia del Prelato dell'Opus Dei pronunciata in occasione delle ordinazioni di 30 fedeli della prelatura durante la messa di sabato 10 maggio nella basilica di Sant'Eugenio.

Carissimi ordinandi. Cari fratelli e sorelle.

È ancora recente la canonizzazione di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II. Tra i motivi per i quali ringraziamo il Signore, spicca in primo luogo il dono di aver arricchito la Chiesa con una nuova manifestazione della sua santità. Ma non posso fare a meno di ricordare, soprattutto oggi, nell'ordinazione sacerdotale di diaconi della Prelatura dell'Opus Dei, che nei lunghi anni del suo servizio pastorale nella sede di Pietro, san Giovanni Paolo II conferì il presbiterato ad un elevato numero di fedeli dell'Opus Dei. A lui dunque si rivolge anche la nostra gratitudine, per aver contribuito – in modo così significativo – a prolungare la catena di ministri sacri nell'Opus Dei, iniziata nel 1944 con l'ordinazione dei primi membri, tra i quali l'amatissimo mons. Alvaro del Portillo.

A tutti e due – a san Giovanni Paolo II e al futuro beato Alvaro – rivolgiamo oggi il nostro pensiero, chiedendo la loro intercessione affinché i nuovi presbiteri, i vescovi, i sacerdoti e i diaconi, procedano alacremente sulla via della santità. In modo speciale, da buoni figli, rinnoviamo il proposito di pregare molto per il Santo Padre Francesco, per il suo lavoro, le sue intenzioni, i suoi collaboratori.

Sappiamo che cosa si attendono la Chiesa e il mondo dai sacerdoti: portare l'annuncio evangelico agli uomini e alle donne del nostro tempo, in modo particolare ai nostri fratelli e sorelle nella comune vocazione cristiana, preparandoli a ricevere con frutto la grazia nei sacramenti. Sarete dunque, cari figli miei, “ministri della misericordia divina”, amministratori del perdono dei peccati e del Pane di vita.

I testi della Messa della IV domenica di Pasqua, conosciuta come “domenica del Buon Pastore”, ci parlano proprio della misericordia del Signore, al quale dobbiamo volgere il nostro sguardo. Particolarmente noi che abbiamo ricevuto il ministero sacerdotale ci rivolgiamo al Maestro e Buon Pastore, e, come san Josemaría, gli chiediamo: che io veda con tuoi occhi, Cristo mio!

In una recente udienza, in riferimento al sacramento dell'Ordine, Papa Francesco rammentava la raccomandazione di san Paolo a Timoteo: “ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te per l'imposizione delle mie mani (2 Tm 1, 6). E spiegava così queste parole: «Quando non si alimenta il ministero, il ministero del vescovo, il ministero del sacerdote con la preghiera, con l'ascolto della Parola di Dio, con la celebrazione quotidiana dell'Eucaristia e anche con una frequentazione del Sacramento della Penitenza, si finisce inevitabilmente per perdere di vista il senso autentico del proprio servizio e la gioia che deriva da una profonda comunione con Gesù»[1].

Vorrei soffermarmi sulla necessità della preghiera, per poter essere veramente sacerdoti al cento per cento, come ripeteva spesso san Josemaría. Quante volte gli ho sentito dare questo consiglio ai sacerdoti! In questo momento è sufficiente ricordare un testo dell'omelia sul sacerdozio, nel quale descrive in poche parole il compito dei presbiteri: dovranno, infatti, studiare incessantemente la scienza di Dio, orientare spiritualmente tante anime, ascoltare molte confessioni, predicare instancabilmente e pregare tanto, tanto, avendo il cuore sempre là, nel Tabernacolo, ove è realmente presente Colui che ci ha scelti per essere suoi in una dedizione meravigliosa e piena di gioia, pur nelle prove da cui nessuna creatura è immune.[2]

Dobbiamo avere una grande fiducia nel Signore, Pastore supremo della Chiesa; anzi, l'unico Pastore, poiché i ministri sacri sono soltanto strumenti suoi, scelti da Lui per farsi presente e operante in mezzo al suo gregge. Ce lo ricorda il vangelo della Messa, nel quale Gesù si presenta come Buon Pastore. “Egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti ad esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce” (Gv 10, 3-4).

A ragione, dunque, possiamo fare nostre le parole del Salmo responsoriale: “il Signore è mio pastore: non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Rinfranca l'anima mia” (Sal 23 [22] 1-3).

Specialmente nei momenti bui che si possono presentare nel corso dell'esistenza, andiamo da Lui, che ci aspetta nel Tabernacolo, per confidargli il peso che grava sulla nostra anima, le difficoltà che forse ci assillano. E saremo rassicurati. “Anche se vado per una selva oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza” (ibid., 4).

Cari figli miei! Il Signore ha voluto, nell'Opera, darci un modello egregio di pastore: san Josemaría, nostro amatissimo Padre, che tanto impegno profuse nella preparazione dei sacerdoti dell'Opus Dei. Lo ricordava don Alvaro in una delle ordinazioni presbiterali che il Signore gli concesse di presiedere: «Non posso non ricordare – diceva – la devozione senza limiti con cui nostro Padre ebbe cura della formazione di noi membri della Prelatura che ci preparavamo per l'ordinazione sacerdotale»[3].

Ho potuto comprovare personalmente che san Josemaría chiedeva a tutti i fedeli della Prelatura e, pertanto, anche ai sacerdoti, di rinnovare quotidianamente l'impegno diligente per servire le anime, senza dimenticare i poveri, gli ammalati, che sono un tesoro per la Chiesa e per la società; con il loro aiuto nacque l'Opus Dei.

Ci stiamo avvicinando alla beatificazione di don Alvaro, che avrà luogo nel mese di settembre. Vi raccomando di ricorrere fiduciosamente a lui e di imitare la sua vita di servizio fedele a Dio e alle anime. Con parole sue vi ripeto: «Non vi spaventate mai della sproporzione tra la vostra piccolezza e la grandezza dei “misteri di Dio” dei quali sarete d'ora in poi dispensatori.

Questa sproporzione, mentre vi incita a lottare per la santità personale, dovrebbe essere sempre per voi motivo di ammirazione e gratitudine per la bontà di Dio»[4].

Prima di concludere vorrei rivolgere un saluto particolare ai genitori, sorelle e fratelli dei nuovi sacerdoti, e ai loro parenti ed amici qui presenti. Ringraziate il Signore per il dono che vi ha fatto; quest'ordinazione sacerdotale sia per voi uno stimolo per avvicinarvi di più a Dio. E voi, cari figli, non dimenticate mai quanto dovete alla preghiera, all'educazione e al buon esempio che avete ricevuto nel seno delle vostre famiglie.

Abbiate presenti le parole che san Giovanni Paolo II rivolgeva ai sacerdoti: «L'appello alla preghiera con le famiglie e per le famiglie riguarda, cari fratelli, ciascuno di voi in modo quanto mai personale. Dobbiamo la vita ai nostri genitori ed abbiamo nei loro riguardi “costanti debiti di gratitudine”.

Con loro, ancora vivi o già passati all'eternità, siamo uniti da uno stretto vincolo che il tempo non distrugge. Se a Dio dobbiamo la nostra vocazione, in essa una parte significativa va riconosciuta anche a loro (...). Ciascun sacerdote può dire di sé: "Sono diventato debitore a Dio e agli uomini".

Numerose sono le persone che ci hanno accompagnato con il pensiero e con la preghiera»[5].

Uniamoci dunque alla preghiera della Chiesa perché il divino Seminatore semini sempre più abbondantemente, in tutto il mondo, la chiamata a servirlo nel sacerdozio ministeriale. E affidiamo la nostra supplica a Maria, Madre di tutti e specialmente dei sacerdoti, in questo mese a Lei dedicato.

Sia lodato Gesù Cristo!


[1]Papa Francesco, Discorso nell'udienza generale, 26-III-2014.

[2]San Josemaría, Omelia Sacerdote per l'eternità, 13-IV-1973.

[3]Don Alvaro, Omelia in un'ordinazione sacerdotale, 6-IX-1992.

[4]Don Alvaro, Omelia in un'ordinazione sacerdotale, 1-IX-1991.

[5]San Giovanni Paolo II, Lettera ai sacerdoti per il Giovedì Santo, 13-III-1994.