Esempi di fede (I): Abramo

Iniziamo una serie di testi su alcune figure dell’Antico e del Nuovo Testamento che, con la loro vita, hanno dimostrato quanto Dio fosse vicino agli uomini. “Se vogliamo capire che cos’è la fede – ha detto Papa Francesco –, dobbiamo narrare il suo percorso, il cammino degli uomini credenti”.

Abramo, nostro padre nella fede

Il libro della Genesi narra la vita di Abram a partire dal momento in cui il Signore lo incontrò e trasformò radicalmente la sua esistenza. Anche se lo scrittore sacro non intende fornire una biografia dettagliata, ci presenta numerosi episodi che mettono in evidenza la profonda fede del santo patriarca e il modo in cui lascia che Dio operi nella sua vita.

Gli vengono promessi una terra e anche una discendenza numerosa, però Abram dovrà iniziare un cammino: Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indicherò. Farò di te un grande popolo e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e diventerai una benedizione[1]. Dopo qualche tempo Dio stesso gli cambierà il nome – non ti chiamerai più Abram ma ti chiamerai Abramo[2] – per indicare che «Dio conferisce al patriarca una nuova personalità e una missione, riflesse nel significato del nuovo nome: “padre di una moltitudine di popoli"»[3]. Così appare chiaro che la singolarità del patriarca dipende dall'alleanza con Dio ed è al servizio di questa.

Abramo ascolta la voce di Dio e la mette in pratica, senza prestare troppa attenzione a quanto le circostanze potevano consigliargli. Perché abbandonare la sicurezza della sua patria o aspettare una discendenza quando sia lui che sua moglie sono in età avanzata? Ma Abramo si fida di Dio, della sua onnipotenza, della sua sapienza e della sua bontà. L'episodio di Sodoma e Gomorra[4] dimostra, a parte la gravità del peccato che offende Dio e distrugge l'uomo, la familiarità che Abramo ha con il suo Dio. Dio non gli nasconde ciò che sta per fare e accetta la preghiera di intercessione del santo patriarca. La risposta di fede poggia sulla fiducia, vale a dire, sul rapporto personale con Dio.

La conoscenza delle cose, il buon senso, l'esperienza, i mezzi umani hanno la loro importanza, ma se tutto si limitasse a questo, a livello umano, la nostra percezione della realtà sarebbe falsa perché incompleta, perché Dio nostro Padre non si disinteressa di noi, né il suo potere è diminuito. Così si esprimeva san Josemaría Escrivá: Nelle imprese d'apostolato è bene – è un dovere – considerare anche i mezzi terreni a tua disposizione (2 + 2 = 4), ma non dimenticare mai che devi contare, per fortuna, su di un altro addendo: Dio + 2 + 2...[5].

Le abituali difficoltà, pur sembrando molto diverse, non sono mai l'ultima parola. Dio è fedele e adempie sempre le promesse. Abramo si comporta in base a questa logica. Il valore esemplare della fede di Abramo si riassume in tre aspetti fondamentali: l'obbedienza, la fiducia e la fedeltà.

Nell'obbedienza della fede

Abramo mostra la propria fede soprattutto obbedendo a Dio. L'obbedienza presuppone l'ascolto, perché è necessario, prima di ogni altra cosa, “prestare orecchio", vale a dire, conoscere la volontà dell'altro per dargli una risposta e compierla. Nella Sacra Scrittura obbedire non è soltanto “eseguire" meccanicamente l'ordine: richiede anche un atteggiamento attivo, che mette in gioco l'intelligenza davanti a Dio che si rivela e che invita la persona ad aderire alla volontà divina con tutte le forze e le capacità. «Non appena Dio lo chiama, Abramo parte “come gli aveva ordinato il Signore" (Gn 12, 4): il suo cuore è tutto “sottomesso alla Parola"; egli obbedisce»[6].

L'obbedienza che proviene dalla fede va molto al di là della pura disciplina: presuppone la libera e personale accettazione della Parola di Dio. Lo stesso accade anche in molti momenti della nostra vita quando possiamo accogliere questa Parola o rifiutarla, permettendo che le nostre idee prevalgano su ciò che Egli vuole. L'obbedienza della fede è la risposta all'invito di Dio all'uomo di camminare accanto a Lui, a vivere in amicizia con Lui. «Obbedire (“ob-audire") nella fede è sottomettersi liberamente alla Parola ascoltata, perché la sua verità è garantita da Dio, il quale è la Verità stessa. Il modello di questa obbedienza propostoci dalla Sacra Scrittura è Abramo. La Vergine Maria ne è la realizzazione più perfetta»[7].

Con fiducia e abbandono in Dio

Quando riflettiamo sulla vita di Abramo, ci accorgiamo che la fede è presente in tutta la sua esistenza, ma appare evidente soprattutto nei momenti di oscurità, nei quali le certezze umane vengono meno. La fede implica sempre una certa oscurità, un vivere nel mistero, sapendo che non si arriverà mai a ottenere una spiegazione perfetta, una comprensione perfetta, perché altrimenti non sarebbe più fede. Scrive l'autore della Lettera agli Ebrei: La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono[8]. La mancanza di certezza della fede è superata dalla fiducia del credente in Dio; per fede il patriarca si mette in cammino senza sapere dove va, ma questa è soltanto la prima occasione in cui dovrà mettere in gioco questa virtù. Infatti, come ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica, è necessario confidare molto in Dio per vivere «come straniero e pellegrino nella Terra promessa»[9] e per affrontare il sacrificio del figlio: Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio che ami, Isacco, va' nel territorio di Moria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò[10].

La fede di Abramo appare in tutta la sua grandezza quando si dispone a rinunciare a suo figlio Isacco. Il sacrificio del proprio figlio è profezia della donazione di Cristo per la salvezza del mondo. È cosa talmente tremenda da non aver bisogno di alcun commento. Comunque, Abramo non si ribella a Dio, non si mette a discutere, non dubita: si fida di Lui. Si mette in cammino, rimane in ascolto della voce del Signore e, alla fine del viaggio verso il monte Moria, scopre che non vuole il sangue di Isacco: L'angelo disse: Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli alcun male! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio. [...] Abramo chiamò quel luogo “Il Signore provvede", perciò oggi si dice: “Sul monte il Signore provvede"[11].

Vicende simili possono accadere nella vita dei santi. Ricordiamo, per esempio, quando san Josemaría pensò che il Signore gli stava chiedendo di lasciare l'Opus Dei per poter fare una nuova fondazione rivolta ai sacerdoti diocesani. Quale grande sacrificio! Di fatto, dopo averne parlato con diverse persone della Santa Sede, arrivò anche a comunicare la sua decisione a don Álvaro, a zia Carmen, a zio Santiago, ai membri del Consiglio generale e a pochi altri. Ma Dio non volle e mi liberò, con la sua mano misericordiosa e affettuosa di Padre, dal grande sacrificio, che mi accingevo a fare, di lasciare l'Opus Dei. Avevo informato ufficiosamente la Santa Sede della mia intenzione [...], ma poi vidi con chiarezza che non c'era bisogno di una nuova fondazione, di una nuova associazione, dato che anche i sacerdoti diocesani ci stavano perfettamente nella nostra Opera[12]. Come Abramo era stato liberato, lo fu anche san Josemaría, perché il Signore gli fece capire che i sacerdoti diocesani potevano far parte dell'Opus Dei ed essere ammessi come soci della Società Sacerdotale della Santa Croce, senza che questo modificasse la loro situazione nella diocesi; non soltanto, ma in tal modo avrebbero rafforzato la loro unione con il resto del clero e con il proprio Vescovo.

Una fede che è fedeltà

La fede di Abramo si manifesta anche come fedeltà: nelle più diverse vicende persevera nella decisione di seguire la volontà di Dio. La fede poggia sulla parola di Dio, e per questo dà adito a decisioni prese in profondità, che non vengono sottoposte a successive “revisioni" o “ripensamenti". Manteniamo senza vacillare la professione della propria speranza, perché è fedele Colui che ha promesso[13]. Nella nostra vita vi saranno sempre momenti che – con la grazia di Dio – ci serviranno per fortificare e consolidare la nostra fede. Abramo fu sottoposto a una prova tremenda: si trovò nella situazione di dover sacrificare colui che era frutto della promessa che gli era stata fatta. Il santo patriarca non soltanto dovette affrontare circostanze difficili, ma sperò contro ogni speranza[14], perché le circostanze invitavano a “giudicare" la volontà divina, a dubitare di Dio stesso e della sua fedeltà. Ecco le radici della tentazione che si presentò ad Abramo.

Anche noi ci possiamo trovare, talvolta, in situazioni nelle quali intuiamo che il Signore si aspetta da noi qualcosa che magari ci potrebbe contrariare: un passo avanti nella vita cristiana, la rinuncia a un modo di fare o anche a un modo di essere, forse profondamente radicato, ma che probabilmente non favorisce la fecondità dell'apostolato. Può nascere l'impulso di mettere a tacere questa inquietudine, identificando ciò che ci piacerebbe con la volontà di Dio: «La tentazione di lasciare Dio da parte per mettere al centro noi stessi è sempre alle porte»[15].

Abramo non si comporta così: s'incammina verso il monte Moria, in preda a una grande lotta interiore, ma convinto che prima o poi Dio stesso provvederà[16]. E Dio, che vuol farsi capire, alla fine provvede. Perché sia fatta luce, Abramo ha dovuto percorrere il cammino completo, ha dovuto mettersi in marcia e arrivare sino alla fine. Anche noi, se cerchiamo di assecondare in ogni momento la volontà divina, scopriremo che, malgrado i nostri limiti, Dio dà efficacia alla nostra vita. Sapremo e sentiremo che Dio ci ama e noi non avremo paura di amarlo: «La fede si professa con la bocca e con il cuore, con la parola e con l'amore»[17].


[1] Gn 12, 1-2.

[2] Gn 17, 5.

[3] La Bibbia di Navarra, (Antico Testamento, I, 2002), commento a Gn 17, 5.

[4] Cfr. Gn 18-19.

[5] San Josemaría, Cammino, n. 471.

[6] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2570.

[7] Id., n. 144.

[8] Eb 11, 1.

[9] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 145.

[10]Gn 22, 2.

[11]Gn 22, 12-14.

[12] San Josemaría, Lettera 24-XII-1951, n. 3, in: A. Vázquez de Prada, Il fondatore dell'Opus Dei, vol. III, Leonardo International, Milano 2004, pp. 155-156.

[13]Eb 10, 23.

[14] Cfr. Rm 4, 18.

[15] Papa Francesco, Udienza generale, 10-IV-2013.

[16]Gn 22, 8.

[17] Papa Francesco, Udienza generale, 3-IV-2013.

J. Yániz