Sposarsi è stata un’odissea

Accade spesso che i giovani vadano a vivere insieme senza passare dall’altare; e questo fenomeno riguarda anche persone battezzate. Eppure in molte di esse rimane il desiderio di trovare un amore per tutta la vita e di formare una famiglia stabile. Questo articolo racconta tre storie – molto diverse tra loro – di coppie che si sono sposate dopo un periodo di convivenza. I sei protagonisti parlano di un prima e un dopo il matrimonio. Che cosa cambia?

Sergio e Angie il giorno delle nozze.

Non sempre sposarsi è facile. L’anno scorso, in una delle sue udienze del mercoledì, Papa Francesco ha affrontato la questione in questi termini: “Dobbiamo riflettere seriamente perché i giovani di oggi non vogliono sposarsi, malgrado che quasi tutti desiderano una sicurezza affettiva stabile e un matrimonio solido”.

In paesi come Italia, Spagna o Portogallo si celebra circa il 50% in meno di matrimoni rispetto a 25 anni fa (qui la fonte dei dati), però i dati sono la punta dell’iceberg di un ampio ventaglio di motivazioni. Non è soltanto una questione di pigrizia. Ogni storia è intessuta di una gran quantità di sfumature e di difficoltà: la scarsa qualità della casa e del lavoro, la paura che il reciproco impegno venga meno… Il recente Sinodo della famiglia ha ricordato a tutti che la Chiesa deve rimanere sempre vicino alle famiglie, qualunque sia la loro situazione. La sua missione sarà sempre quella di “sanare le ferite e ravvivare la speranza”.

Ogni domenica un po’

Elena è cattolica, di rito greco-bizantino. È nata in Romania, in un ambiente comunista, dove la fede si praticava di nascosto. A 20 anni è andata a vivere in Spagna in cerca di lavoro. La prima cosa che ha fatto, appena arrivata, è stato cercare una chiesa. Il rito greco-bizantino è molto rigoroso nelle forme; per esempio, bisogna confessarsi sempre prima di ricevere la comunione, le Messe durano due ore… La liturgia latina scandalizzava Elena e, quando ha telefonato a sua madre per dirglielo, questa le ha risposto: “Non andarci più; è certamente una cosa strana”.

Lei voleva continuare a praticare la fede, ma moralmente viveva lontana dalla Chiesa, dalle amicizie, dall’ambiente… Ben presto ha conosciuto Jorge, anche lui romeno (di religione ortodossa, ma non praticante). Hanno cominciato a stare insieme e lei è rimasta incinta. “Sapevo che conducevo una vita non irreprensibile, ma chiedevo al Signore che, se mi succedeva qualcosa, mi trovasse confessata”.

Nel 2005 è nata la figlia e fu battezzata nella religione cattolica. Da quel momento Elena la domenica aveva preso l’abitudine di avvicinarsi alla chiesa, ma non osava entrare e si limitava a passeggiare fuori. Il desiderio di regolarizzare la propria situazione era sempre più forte, ma doveva convincere Jorge. Nel 2008 sono stati sul punto di sposarsi, ma quando lui ha saputo che bisognava fare i corsi prematrimoniali, si è tirato indietro.

Un anno dopo lei ha deciso di fare un severo digiuno di quaranta giorni per chiedere a Dio che si risolvesse la sua situazione matrimoniale: o si sposava con Jorge o si sarebbero separati definitivamente. In quei giorni, poi, ha preso la decisione di cercare una parrocchia greco-cattolica a Madrid.

Un sacerdote rumeno di questo rito, Vasile, che risiedeva a Madrid, aveva da poco tempo aperto una web con le informazioni per chi voleva andare alle sue Messe (utilizza una cappella della parrocchia di Nostra Signora dei Dolori); Elena lo ha così conosciuto.

Jorge ed Elena hanno cominciato ad andare lì ogni domenica e Vasile ha cominciato a dar loro un corso pre-matrimoniale adattato a loro: alcuni minuti ogni domenica, dopo la Messa. Nel mese di maggio del 2010 si sono sposati in quella cappella.

L’anno successivo Elena ha saputo che il Papa sarebbe andato a Madrid per la GMG e ha voluto partecipare a uno di questi incontri. È salita sulla metropolitana con la carrozzina della figlia e lì ha conosciuto Pilar, che è dell’Opus Dei; poco tempo dopo ha chiesto l’ammissione come soprannumeraria. “Ora sì che sono in pace con Dio. È da una vita che cercavo proprio questo. Con Dio tutto è più facile”.

E alla fine è arrivato il giorno.

Cominciare la casa dal tetto

All’aeroporto Barajas di Madrid il personale li conosceva bene, e certe volte li lasciava entrare fino al gate per salutarsi. Ogni fine settimana Curro e Davinia affrontavano ancora una volta i 2.500 chilometri che separano Saragozza – dove lui si era appena trasferito – e la casa dei genitori di lei, nelle isole Canarie. Però il lunedì ognuno dei due doveva stare al proprio posto di lavoro.

Si erano conosciuti alcuni mesi prima attraverso internet. Entrambi si stavano preparando allo stesso concorso ed erano soliti collegarsi a una chat con altri studenti per scambiarsi gli appunti. Hanno cominciato a parlarsi sempre di più e un giorno Curro ha deciso di prendere un aereo per conoscere la persona che gli sembrava tanto vicina.

Provenivano entrambi da una famiglia cristiana e da piccolo lui aveva frequentato una scuola dell’Opus Dei; aveva frequentato anche un club giovanile. Tuttavia, “la vita scorreva, ed entrambi avevamo smesso di praticare la fede, il che da un certo punto di vista è più semplice che praticarla”. I mesi passavano e, tra un aereo e l’altro, hanno deciso di andare a vivere insieme. Davinia si è trasferita a Saragozza. La rapidità con la quale trascorre la vita e la scarsezza di denaro hanno fatto sì che nessuno dei due si proponesse le nozze come una cosa prioritaria. Prima o poi il “momento giusto” sarebbe arrivato.

Tre anni dopo tutto procedeva allo stesso modo; un giorno, però, capitò loro di assistere al funerale di un loro conoscente e, entrando nella parrocchia dell’Esaltazione della Santa Croce, Curro si è trovato davanti a una immagine che gli era ben nota, quella di san Josemaría, che gli ha fatto ritornare alla mente molti ricordi. In quella Messa, sia lui che Davinia, per la prima volta, hanno provato una grande pena per non poter ricevere la comunione.

Alcuni mesi dopo l’amica Berta li ha invitati alla beatificazione di Álvaro del Portillo, il 27 settembre a Madrid. Quell’incontro ha fatto svanire definitivamente tutte le scuse e si sono dati da fare per preparare le nozze. “Una volta che abbiamo preso la decisione, siamo stati capaci di organizzarle in tre settimane! L’avevamo in mente da quattro anni, ma si presentavano continuamente delle difficoltà: ci vogliono molti soldi, dovevamo invitare troppa gente… Non c’era modo di venirne a capo. Tuttavia, stare vicino a Dio ti dà forza: quello che comincia bene finisce bene!”, racconta Curro.

E Davinia continua: “Abbiamo frequentato un corso prematrimoniale in un fine settimana, perché non disponevamo di altro tempo, e ci è piaciuto molto. È stato condotto da alcuni coniugi sposati da oltre 20 anni. Sono state conversazioni dinamiche, lavori di gruppo, mangiavamo tutti insieme… ognuno aveva una sua storia personale, ma è stato un fine settimana molto bello, che è trascorso velocissimo ma intenso”.

Il 18 novembre Curro e Davinia si sono sposati nella stessa chiesa di quel funerale di qualche mese prima. È stato un matrimonio semplice, al quale hanno assistito i rispettivi genitori, i fratelli e qualche amico molto stretto. Gli sposi sono ritornati alla pratica religiosa e così hanno messo a posto nella loro vita un tassello che mancava, anche se prima non erano stati del tutto consapevoli che le cose stavano così. Inoltre, come riconoscono essi stessi, “avvicinarci a Dio ci ha aiutati a stare meglio l’uno con l’altro e a condividere più cose”.

Facevano viaggi settimanali di 2.500 km per potersi vedere.

Sanare situazioni

Sergio è un medico, e alcuni anni fa è stato, da volontario, nella Repubblica Dominicana per un certo tempo. Lì ha conosciuto Angie che si trovava nel medesimo luogo per aiutare Medici senza Frontiere. Si sono innamorati, sono ritornati insieme in Spagna e si sono sposati con il rito civile.

Entrambi erano battezzati e si sentivano cattolici; però non avevano ricevuto una formazione religiosa che permettesse loro di valutare l’importanza del sacramento. Visto che le loro famiglie risiedevano lontano, hanno pensato che non era il momento di organizzare le nozze religiose.

Il tempo passava. Angie racconta: “Cercavamo di rimanere vicini alla Chiesa, ma – è chiaro – senza essere in grazia di Dio. In questi 10 anni di vita in comune, abbiamo conosciuto l’Opus Dei attraverso Chari e suo marito”. Chari è soprannumeraria e lavora nello stesso ospedale di Sergio. L’amicizia tra le due coppie è nata facilmente: “Grazie all’amicizia con questa coppia di coniugi abbiamo potuto constatare come la grazia influiva su di loro, come li aiutava nelle difficoltà, con i loro figli, nella convivenza”.

Il momento cruciale è arrivato in occasione della prima comunione della figlia. La bambina aveva espresso ai genitori un desiderio: che quel giorno ricevessero la comunione tutt’e tre insieme. È stata l’occasione definitiva per decidersi.

Angie e Sergio hanno partecipato alla catechesi per alcuni mesi e alla fine si sono sposati in chiesa. Naturalmente, il giorno della prima comunione della figlia tutt’e tre hanno ricevuto insieme l’Eucaristia.

Tutto è iniziato con un'attività di volontariato.