Lavorare con amore, meraviglia divina

Quasi novant'anni fa il Signore fece vedere a san Josemaría qualcosa che andava riscoperto e che anche i bambini possono capire: l'importante del lavoro è farlo con amore.

Una mamma mi raccontò tempo fa di suo figlio di 5 anni: “Filippo un giorno mi mostra un disegno: aveva disegnato alcuni cuoricini variamente colorati… sopra a mo’ di titolo: “La mamma”, sotto la seguente didascalia: “La mama fa tante cose cuindi la devo fare szmetere”. Sgrammaticature a parte (ma sono sicura che diventerà bravo anche in italiano!), Filippo mi ha insegnato molto. Conservo il disegno e lo guardo spesso per capire che l’importante non è fare tante cose, ma fare quelle giuste, e i miei figli (e mio marito!) sono molto importanti. Cerco infatti di svolgere il mio lavoro anche quando sono fuori casa pensando a loro e quindi, se necessario, talora da questo pensiero ricavo la forza per “staccare” e tornare a casa dove mi aspetta una parte importante della mia vita. E mi ha ricordato anche l’avvertimento di Gesù a Marta".

Spesso "abitiamo" la nostra vita senza renderci conto di dove stiamo e di come dobbiamo starci

Un’altra mamma mi riferì il seguente fatto di vari anni fa. “A mio figlio Antonio, che ormai è ventenne, un giorno mentre tornavamo a casa in auto da scuola (allora frequentava la quinta elementare), mentre mi districavo nel traffico folle dell’ora di punta e gli altri due bimbi più piccoli non smettevano di azzuffarsi sul sedile posteriore, chiesi che cosa avessero fatto in classe. Antonio (era ancora nell’età in cui ai bambini piace raccontare di sé ai genitori!) mi disse che la maestra aveva assegnato un compito in preparazione della prossima festa del papà. Si trattava di un componimento dal titolo “Parla di tuo papà”. “Raccontami un po’: che cosa hai scritto?”, gli chiesi incuriosita… “Ho detto come si chiama, che è alto ma un po’ troppo grosso e quindi quando io scappo lui non mi prende, che in bicicletta è forte ma io sono più veloce, che è tifoso della Juve come me… e ho parlato del suo lavoro”. “E che cosa hai detto del suo lavoro?” chiesi desiderosa di sapere se aveva capito quali fossero le mansioni di papà in ufficio. “Ho detto che l’importante del lavoro non è quello che si fa, ma come lo si fa: come tu e papà dite sempre! Ho detto che papà torna stanco dal lavoro, che vuole bene ai suoi colleghi anche quelli antipatici!”. In quel momento del dialogo eravamo appena arrivati a un semaforo rosso; questo mi permise di guardarlo nel volto: era un bimbo allora, eppure si vedeva dal suo sguardo che sapeva di aver scritto una cosa vera. Le sue parole un po’ erano una constatazione e forse un po’ un’espressione dell’orgoglio di un figlio per suo papà. Anche io molte volte avevo cercato di far capire l’importanza del lavoro che papà e mamma svolgono, ma non pensavo che mio figlio così piccolo avesse già capito in modo così nitido la bellezza del lavoro svolto bene. Mi dissi subito fra me e me: spero che, quando entrerà nel mondo del lavoro, mantenga questa preziosa consapevolezza nel suo cuore. Qualche anno dopo conobbi l’Opus Dei e il suo spirito: capii che la luce che portavo nel cuore, rafforzata dalle parole di mio figlio ancora bambino, proveniva dal Vangelo”.

l’importante non è fare tante cose, ma fare quelle giuste, e i miei figli (e mio marito!) sono molto importanti

Spesso "abitiamo" la nostra vita senza renderci conto di dove stiamo e di come dobbiamo starci. Ma è in questa stessa vita che arrivano le luci per ricomprendere che cosa veramente vuol dire vivere. I racconti di queste mamme, e le loro scoperte, fanno pensare a quel paragone che lo storico tedesco Peter Berglar ipotizzò[1]: un po’ come Cristoforo Colombo che non voleva scoprire alcuna terra nuova ma solo verificare la possibilità di un nuovo percorso per raggiungere le Indie e poi “scoprì” qualcosa che già c’era, così Josemaría Escrivá, sacerdote madrileno ventiseienne, quel 2 ottobre del 1928 scoprì, durante un corso di esercizi spirituali, nella sua preghiera (fu il Signore a farglielo scoprire), che nel bel mezzo delle realtà ordinarie ci si può santificare, si può incontrare Dio. La scoperta consiste nel fatto che, per Grazia di Dio, si può vivere un po’ come visse il Signore Gesù durante i suoi trent’anni di vita ordinaria: la vita apparentemente anonima di ognuno di noi può davvero diventare meravigliosamente divina.

“Si sono aperti i cammini divini della Terra” diceva san Josemaría. Dopo il 2 ottobre 1928 sappiamo con certezza che i cammini terreni sono anche divini. E anticipava così quanto affermerà solennemente il magistero della Chiesa con la Gaudium et spes del Concilio Vaticano II.

«O sappiamo trovare il Signore nella nostra vita ordinaria, o non lo troveremo mai.» (san Josemaría)

“O sappiamo trovare il Signore nella nostra vita ordinaria, o non lo troveremo mai. Per questo vi posso dire che la nostra epoca ha bisogno di restituire alla materia e alle situazioni che sembrano più comuni, il loro nobile senso originario, metterle al servizio del Regno di Dio, spiritualizzarle, facendone mezzo e occasione del nostro incontro continuo con Gesù Cristo.

Il senso cristiano autentico - che professa la risurrezione della carne - si è sempre opposto, come è logico, alla disincarnazione, senza tema di essere tacciato di materialismo. È consentito, pertanto, parlare di un materialismo cristiano, che si oppone audacemente ai materialismi chiusi allo spirito”[2].

Salvatore Amico Roxas


[1] Peter Berglar, Opus Dei. La vita e l’opera del fondatore Josemaría Escrivá, Rusconi 1987, pp. 101-108.

[2] Josemaría Escrivá, Amare il mondo appassionatamente, in Colloqui, Ares, nn. 114-115.