Teresa di Calcutta, ricca di povertà

Madre Teresa di Calcutta, beatificata da Giovanni Paolo II la scorsa domenica, ha cercato “l'unione con Cristo, che attende i suoi discepoli, li consola e li benedice nella povertà e nella carità”. In un articolo pubblicato da “La Razón” (Spagna) il postulatore della causa di san Josemaría traccia un profilo di Madre Teresa “modello di carità teologale”.

I santi sono coloro che rendono tangibile la perenne attualità del Vangelo. Ciascuno di loro è come una parabola vivente di quell'espressione della Lettera agli Ebrei che condensa la loro esperienza più intensa: «Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre!» (Eb 13, 8).

Questa è anche la prima eredità che lasciano ai propri seguaci ed alla Chiesa intera: la convinzione che oggi, come duemila anni fa sulle strade della Palestina, Cristo passa accanto a noi e chiama: «Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi» (Mt 19, 21). E la certezza che, oggi come allora, ogni uomo, ogni donna può posare il capo sul petto di Gesù ed ascoltare il pulsare dell'amore di Dio per le creature (cfr. Gv 13, 25).

Per comprendere l'attualità della figura di Madre Teresa di Calcutta bisogna superare le categorie dell'antropologia o della sociologia: la sua non è una ribellione contro la società dei consumi, non è mera filantropia, non è semplice difesa della dignità dei reietti. Certamente in lei abbiamo l'esempio di uno zelo per la custodia della povertà che non accetta di scendere a patti neppure con le garanzie minime di benessere assicurate dai sistemi statali più avanzati. Per le sue suore rifiuta ogni concessione che rappresenti ai suoi occhi un'attenuazione della logica soprannaturale contenuta nell'esempio di Cristo. Il suo amore per la povertà è uno schiaffo a quella fuga dal dolore, a quell'attaccamento alla comodità cui il progresso dell'Occidente ci ha ormai abituati; ma è soprattutto frutto dello slancio con cui l'anima santa cerca Cristo: per un' anima innamorata, diceva San Josemaría Escrivá, i malati sono Cristo (cfr. Cammino, 419).

Allo stesso modo, la sua carità è animata non da velleità di riforme sociali né di appoggio allo sviluppo dei sistemi sanitari. Nel povero, nel malato, nel moribondo Madre Teresa vede Cristo e cerca di consolarlo. La sua carità risponde allo spirito che informa le ormai famose considerazioni della Novo millennio ineunte: «Dobbiamo fare in modo che i poveri si sentano, in ogni comunità cristiana, come "a casa loro". Non sarebbe, questo stile, la più grande ed efficace presentazione della buona novella del Regno? Senza questa forma di evangelizzazione, compiuta attraverso la carità e la testimonianza della povertà cristiana, l'annuncio del Vangelo, che pur è la prima carità, rischia di essere incompreso o di affogare in quel mare di parole a cui l'odierna società della comunicazione quotidianamente ci espone. La carità delle opere assicura una forza inequivocabile alla carità delle parole» (n. 50).

In altri termini, il messaggio di Madre Teresa - come avviene per tutti i santi - ha una sorgente, una linfa ed un punto focale inconfondibili e specificamente teologali: nasce da Cristo, si alimenta della sete di Cristo, tende a Cristo.

L'unione con Cristo: ecco la meta della ricerca instancabile, struggente, mai paga, riconoscibile nella traiettoria esistenziale di tutti i santi. In Madre Teresa essa appare chiara specialmente nei momenti in cui il Signore volle farla passare per l'esperienza della notte oscura. Nel 1956 aveva confidato all'Arcivescovo di Calcutta: «Voglio essere apostola della gioia». Eppure, per una misteriosa disposizione della Provvidenza, le toccò realizzare quest'apostolato nell'agonia di un'assenza di Dio divenuta insopportabile, come scrisse nel marzo 1956: «A volta l'agonia della desolazione è così grande e nel contempo il vivo desiderio dell'Assente è così profondo, che l'unica preghiera che riesco ancora a recitare è "Sacro Cuore di Gesù, confido in te. Sazierò la tua sete di anime"». Quattro anni più tardi la prova la tormentava ancora, ma lei continuava a cercare Cristo ostinatamente, fiduciosamente, certa del fatto che la risposta sarebbe giunta: «Ho cominciato ad amare l'oscurità. Perché ora credo che essa sia una parte, una piccolissima parte, del buio e del dolore vissuto da Gesù sulla terra». Con Cristo, le tenebre si trasformano in luce, l'aridità in fuoco che avvampa.

In quest'impegno incessante di ricerca dell'unione si trova anche la spiegazione della fecondità spirituale dei santi. E' magnifica la testimonianza della povertà delle figlie e dei figli di Madre Teresa di Calcutta, l'assistenza ai malati ed ai moribondi appartenenti alla fasce più misere della popolazione, ma il vero segreto della loro eroica dedizione è la ricerca dell'unione con Cristo, che attende i suoi discepoli, li consola e li benedice nella povertà e nella carità.

Mons. Flavio Capucci